Il Terremoto tra Esperienze e Prospettive future

Giuseppe Luongo, “Il Terremoto” 

In preparazione del Convegno DIFENDERSI DAL TERREMOTO – 23 novembre 2016 – abbiamo chiesto ad esperti riconosciuti di elaborare brevi riflessioni intorno alla “Formazione necessaria per la difesa dai terremoti”.

Pubblichiamo il contributo del Professor Giuseppe LUONGO, Presidente del Comitato Scientifico e Tecnico del Consorzio FORMA, già professore ordinario alla Università degli Studi di Napoli Federico II ed esperto di rischi vulcanici e sismici.

Il Terremoto tra Esperienze e Prospettive future

Come “funziona” il terremoto?

Il terremoto può essere rappresentato come una macchina che accumula energia da una sorgente e istantaneamente ne converte parte in energia cinetica, producendo fratture nelle rocce e vibrazioni al suolo.

Il terremoto, quindi, è dovuto ad un brusco cambiamento nello stato fisico della macchina. L’intero processo può essere rappresentato da un ciclo  sismico nel quale la sorgente di energia del processo è individuata nel Mantello (lo strato  solido compreso tra la crosta terrestre e il nucleo terrestre), la cui dinamica genera i processi tettonici (cioè di cambiamento) nella Litosfera dove si caratterizzano i campi dei terremoti. Questi sono definiti dallo “stato fisico pre-evento”, dalla “rottura del mezzo” e dallo “stato fisico post-evento”.

terra

Le caratteristiche fisiche del mezzo possono essere esplorate con metodi attivi, quali le prospezioni, o con la registrazione di eventi naturali e dei campi (gravimetrico, elettromagnetico). Il comportamento del campo del terremoto può essere analizzato con lo studio della successione di terremoti che precedono e seguono l’evento principale (sequenza foreshocks – mainshock – aftershocks). Infine l’analisi può essere completata da indagini di laboratorio e da simulazioni numeriche.

 

Ridurre il rischio

Per ridurre il rischio sismico è necessario intervenire sulla vulnerabilità del costruito, e questo compito è assegnato all’ingegneria sismica, ma perché l’intervento sia indirizzato correttamente occorre valutare la pericolosità del sito che si vuol “mettere in sicurezza”. Questa problematica è affrontata dai geologi, sismologi, geotecnici che studiano la sorgente sismica, la propagazione delle onde nei corpi geologici le caratteristiche meccaniche delle rocce.

La rappresentazione del fenomeno sismico nel far field (area ampia di risentimento)  è oggi soddisfacente, mentre nel near field (area epicentrale) si registrano sorprese con danni inattesi. Tutto ciò accade perché la rappresentazione del fenomeno avviene in ambito lineare e questa approssimazione non è pienamente efficace nel near field sia a causa del meccanismo di liberazione dell’energia sismica che della propagazione delle onde sismiche.

Le anomalie osservate nei danni alle strutture nelle aree epicentrali non possono essere interpretate compiutamente solo con la microzonazione perché, anche in queste analisi, l’anomalia della risposta sismica è analizzata in ambito lineare. In queste condizioni si attribuisce l’effetto alla risposta del mezzo attraversato dalle onde e non al campo generato dalla sorgente. Questa condizione è confermata dal comportamento difforme talvolta osservato in siti con caratteristiche geologiche simili o perfino identiche ma con un campo di propagazione delle onde dissimile per la posizione dei siti esaminati rispetto alla sorgente.

Da ciò discende che una buona difesa dai terremoti può ottenersi da tipologie costruttive i cui progetti sono realizzati tenendo conto di un input sismico (di progetto) ottenuto  attraverso una profonda conoscenza della sorgente e del campo di propagazione delle onde, sia a livello regionale che locale.

Nelle condizioni attuali delle conoscenze, in Italia si è realizzata una legge sismica (il complesso di calcoli alla base delle norme di costruzione) che difende “molto” le aree distanti dall’epicentro e “poco” le aree epicentrali.

Anche le microzonazioni, per quanto detto sopra, non garantiscono una rappresentazione attendibile della pericolosità del territorio ad una scala di maggiore dettaglio se non si introducono elementi correttivi per il campo di propagazione delle onde, certamente di gran lunga più complesso nel “near field” rispetto al “far field”.

 

Cosa fare?

Al  presente  bisogna utilizzare le conoscenze dettate dalle esperienze storiche per intervenire sul patrimonio edilizio esistente con le tecniche più efficaci per ridurre il rischio.

Per il futuro occorre sostenere la ricerca, con risorse umane e finanziarie adeguate, per una più approfondita conoscenza delle sorgenti sismiche, delle leggi di propagazione delle onde e delle caratteristiche meccaniche delle rocce nelle quali si propagano le onde sismiche. Bisognerebbe, altresì, sviluppare ricerche di laboratorio sul comportamento meccanico delle rocce in ambienti a pressioni e temperature simili a quelle delle sorgenti sismiche e realizzare modelli che superino  i limiti del comportamento lineare dei processi. Nel mentre si potrebbero ottenere risultati interessanti procedendo con scelte empiriche, utilizzando le informazioni che possono ottenersi dai dati registrati dalle reti di monitoraggio nelle aree epicentrali (near field).

Giuseppe Luongo, 7 novembre 2016

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